La Solitudine interiore – Madre 6

Solitudine interiore e “Madre 6” di Aurora Mazzoldi

La solitudine caratterizza sempre di più la nostra civiltà attuale. Nonostante i sempre crescenti mezzi di comunicazione, si ha sempre più paura di un contatto profondo con altre persone. Così si tende a superficializzare sempre più.

Secondo Wikipedia, “la solitudine è una condizione e un sentimento umano nella quale l’individuo si isola per scelta propria (se di indole solitaria) per vicende personali e accidentali di vita o viene isolato dagli altri esseri umani generando un rapporto (non sempre) privilegiato con sé stesso…”

Solitudine interiore nel quadro di Aurora Mazzoldi - Le Madri - Madre 6
Aurora Mazzoldi – Le Madri – Madre 6 – La Solitudine

Quando ci sentiamo soli tendiamo a dare la colpa agli altri. “Nessuno ci vuole, nessuno ci cerca, nessuno ci ama”.

Ma, cosa facciamo noi perché gli altri ci vogliano, ci cerchino, ci amino?  Preferiamo attivarci e cercare di contattare altre persone o entriamo in una sorta di vittimismo e cominciamo a evitare le altre persone, risentiti perché loro non “ci danno” il contatto (o l’amore)?

Paura di un contatto profondo

La solitudine è un po’ come una casa. Ci chiudiamo dentro, per paura di un contatto profondo. Poi telefoniamo agli amici, perché ci vengano a trovare. Loro vengono, suonano il campanello, bussano alla porta, ma noi ci dimentichiamo di aprirla. Poi ci arrabbiamo . “Tutti evitano casa mia. Nessuno vuole entrarci.” E se provassimo ad aprire la porta?

Vediamo l’esempio che ci fornisce il quadro “Madre 6 – La Solitudine” di Aurora Mazzoldi. Anche in questo caso il sentirsi soli è causata dalla chiusura.  Chiusura  di entrambe, a cui segue la solitudine di entrambe. La madre, invece di cercare di contattare la figlia, “pretende che la bambina sia pronta a fare l’adulta, quando lei vuole stare tranquilla.

Gioca con lei finché si diverte, ma poi, quando si stufa, non la vuole più tra i piedi e vorrebbe lasciarla e riprenderla a suo comodo, come fosse una bambola.

Questo modo di comportarsi rende la bambina insicura, perché lei non sa mai quando è bene accetta e quando non lo è.

Una persona adulta spiega al bambino che non è il momento di giocare e ne chiarisce il motivo, ma la persona immatura reagisce emotivamente e destabilizza il bambino.

Ma quale esperienza vuole fare la bambina?

Anche lei è nel gioco: nel quadro stringe a sé il peluche e siede sconsolata ai piedi della lunga scala che porta al cuore della mamma, ma che le è precluso.

La lunga scala di pietra unisce, così si racconta, il cuore degli uomini e permette a ognuno di entrare nell’accoglienza degli altri e di sentirsi parte vibrante di un’unica esperienza, comune a tutti: la vita.

La scala rappresenta la possibilità di sentirsi uniti e partecipi.

Il cuore ci mette in contatto con tutti gli altri esseri e con quella parte profonda di noi che ci consiglia e ci fa da guida.

Se apriamo il cuore la nostra vita si riempirà di presenze amiche.

Perché lo chiudiamo, allora?

Non ci conviene farlo!

Siamo esseri curiosi e subiamo l’attrazione di ciò che ci fa vibrare con violenza, come le passioni sfrenate o le grandi tragedie.

Quel brivido intenso che ci percorre dalla testa ai piedi, che rimescola d’un colpo vibrante le emozioni potenti che teniamo al sicuro in cantina, ci fa sentire più vivi.

da:  Le Mie Madri – Arte Introspettiva – page. 67 e 68 (Madre 6 – La Solitudine) di Aurora Mazzoldi

 

Sentirsi soli ed esperienze di abbandono

Quando ci sentiamo soli, ci ricolleghiamo alle esperienze di abbandono da noi subite. Queste esperienze possono esserci capitate più volte nel passato. In alcune di quelle esperienze, ci sentivamo impotenti (o, perlomeno, ci sembrava di esserlo).

Di conseguenza, ci poniamo come esseri passivi di fronte a cose inevitabili. Dimentichiamo di essere, anche noi, parte del rapporto fra noi e gli altri. Se questo rapporto non funziona, dipende sì dagli altri, ma anche da noi. E allora, se siamo in uno stato di intensa solitudine, siamo sicuri di aver fatto tutto il possibile per contattare altre persone?

Magari ci riesce molto difficile farlo, per la mancanza di energia dovuta al sentirsi soli, ma il sapere che le cose dipendono anche da noi, ci aiuta a non perdere l’occasione ( a non sentirci risentiti) quando altri ci contatteranno.

Abbiamo poi anche la possibilità di contattarci interiormente con una semplice ricerca, di conversare con quella parte di noi afflitta dalla solitudine interiore e accoglierla.

Aurora Mazzoldi
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    1 commento su “La Solitudine interiore – Madre 6”

    1. Anche se il quadro acrilico di Aurora Mazzoldi è intitolato “Madre 6 – La Solitudine”, nello scritto parliamo di solitudine interiore. Perché?
      Per accentuare il fatto che il quadro (e, di conseguenza, anche la spiegazione data dal libro) si riferiscono a un particolare tipo di solitudine. Quale?
      Non si parla della solitudine a livello materiale (mi affitto una baita in montagna per restarmene solo qualche giorno), ma di una solitudine molto diversa. Di che tipo?
      E’ una solitudine a livello non materiale. Posso sentirmi emotivamente solo anche in mezzo alla mia famiglia o agli amici. E’ questa che chiamiamo solitudine interiore (o, giustamente, anche solitudine interna). Da che cosa è data?
      Da un particolare tipo di emozioni e pensieri verso le persone con le quali ho a che fare. Si tratta di pensieri ed emozioni di chiusura. Quelle che sorgono per esempio, quando penso di aver subito un torto, o di esser stato respinto, o di non esser stato compreso. Tutte cose che diminuiscono il mio potere (e la diminuzione di potere fa soffrire). La reazione può allora essere: “Non voglio più aver a che fare con quelle persone. Meglio soli che male accompagnati.” Quando questa solitudine interiore è reattiva, può dar origine a dei giochi psicologici, nei quali vince chi chiude di più all’altra persona.
      In italiano la parola solitudine vale sia per la solitudine materiale che per quella emotiva. In altre lingue le cose sono distinte. In tedesco la persona materialmente sola è “allein” e in inglese è “alone”. La persona sola emotivamente è invece “einsam”, se tedesca e “lonely” se inglese.

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