Schemi di Reciprocità

Schemi di Reciprocità, giochi di potere e rapporti fra le persone

D: Schemi di reciprocità e giochi di potere hanno qualcosa in comune? A volte mi chiedo perché, se non restituisco un favore, o anche un’offesa, non mi sento a posto. Quanto si è veramente “liberi” nei rapporti fra le persone? Fin dove può arrivare l’obbligo di “ricambiare”?

Mazzoldi - Un esempio di Schemi di Reciprocità (da Madre1-Il Possesso, acrilico su tela). Un esempio di giochi di potere (psicologici) nei rapporti fra le persone.
Aurora Mazzoldi  (Madre1- Il Possesso, acrilico su tela – particolare). Un esempio di rapporti fra le persone

Quando, molti anni fa, avevo letto il libro di Eric Berne “A che Gioco giochiamo?”, mi si era aperto un nuovo modo di vedere i rapporti fra le persone. I giochi psicologici spiegano molte cose e chiariscono molte delle dinamiche che avvengono fra di noi. Però mi era rimasta la sensazione che ci fosse ancora qualcosa da scoprire. Per molto tempo mi sono chiesto:

“se gli effetti di certi giochi di potere sono così disastrosi, perché è così difficile smetterli?”

Ho provato molte volte a darmi delle risposte: Difficile rinunciare a un’abitudine – Dipendenza dal gioco – Non volerla dar vinta, etc. Avevo però l’impressione che tutte queste ipotesi spiegassero soltanto alcuni aspetti del problema. Secondo me ci doveva essere una spiegazione più profonda e più generale. E un bel giorno mi è apparsa la soluzione (o, almeno, quella che io credo essere la soluzione):

RECIPROCITA’

significa DOVER RESTITUIRE (ing. reciprocate). Se gioco a ping-pong e l’altro mi tira la pallina, mi sento quasi in colpa se non la rimando indietro. Se qualcuno mi fa un regalo, devo fargliene uno anch’io. E se qualcuno mi fa una scorrettezza, devo restituirgliela. Perché?

 

Influenza dell’educazione

Una risposta la si può trovare nella nostra educazione. Si insegna al bambino: “se uno ti saluta, devi salutare anche tu”, se uno ti regala qualcosa, devi ringraziare e poi devi ricambiare”, etc. “Se non lo fai, sei un ingrato, un cattivo bambino, un asociale, etc.”

Allora, ci hanno educato male e non si deve ricambiare? Se ci facciamo questa domanda, abbiamo perso di vista il vero problema:

IL PROBLEMA NON E’ LA RECIPROCITÀ, MA IL FATTO CHE SEMBRI OBBLIGATORIA

Perché non potrebbe essere un piacere (invece che un dovere) restituire un saluto o ricambiare un regalo o anche una semplice gentilezza? Perché i rapporti fra le persone devono seguire uno schema?

Ma quale sarebbe la differenza? Molta! e sarebbe la differenza fra un atto libero, consapevole e amorevole e un atto obbligatorio, fatto per non sentirsi in colpa. Potete vederla questa differenza?

 

Reciprocità negativa

Questa non la s’insegna. Non si dice a un bambino: “se uno ti dà un pugno, devi restituirglielo”. E così il bambino non ha bisogno di sentirsi in colpa se scappa invece di restituire il pugno. E, in questo caso, non è un ingrato, né un cattivo bambino, né un asociale. Anzi, è vero il contrario: E’ un bravo bambino, si comporta come si deve. La reciprocità negativa è, di fatto, proibita. Vige la regola:

SE UNO TI DA’ UNO SCHIAFFO, PORGI L’ALTRA GUANCIA!

Ma Gesù Cristo intendeva dire che si deve porgere l’altra guancia o mostrava che dall’obbligo di ricambiare si può uscire ed essere liberi? Personalmente, mi piace credere che questa frase non volesse imporre un altro schema di comportamento (invece di restituire lo schiaffo, devi porgere l’altra guancia). Preferisco pensare che indicasse la possibilità di essere attivi (e agire quindi in un modo inconsueto), invece che reattivi e meccanici, nei rapporti fra le persone.

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Luis Pisoni
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