forze interiori

Le Forze interiori nell’Arte e nella Ricerca Introspettiva

04 Esempi di sub-personalità

Aurora Mazzoldi; "La Scelta"; particolare che rappresenta forze interiori
Aurora Mazzoldi – La Scelta (particolare che rappresenta forze interiori) – acrilico su tela

D: Ci sono delle forze che agiscono in me? Le posso controllare?

Secondo la nostra Ricerca le forze interiori possono costituire dei tentativi di manipolazione, di convincimento, di controllo.

Sono tensioni che agiscono dentro di noi e che noi proiettiamo all’esterno.
Le tensioni sono forze interiori che mettiamo in atto per raggiungere certi obiettivi. Sono energie che noi mettiamo in atto per giocare.

Le forze interiori ci animano, ci sostengono, ci rendono attivi e ci danno la spinta per realizzare i nostri sogni.
Ma da dove ci vengono le forze?
Noi viviamo immersi in un mare di forze, le respiriamo, ce ne nutriamo. Il nostro corpo è una macchina che trasforma aria e cibo in energia, in movimento, in pensieri e in azioni.
La responsabilità sta nel come vengono usate queste forze. Qual è lo scopo che ci prefiggiamo, cosa vogliamo ottenere? Dove vanno i nostri desideri e dove puntiamo la nostra attenzione lì dirigiamo la nostra forza.

Utilizzo delle forze interiori

La nostra vita è lo specchio di come noi usiamo le forze interiori. Quasi niente è impossibile e nessuno ci può costringere né imprigionare.
La maggior parte di noi usa queste forze per rimanere nella mediocrità, per scaramucciare in una giostra infinita di stupidità. Viviamo delle vite inutili che ci amareggiano. Siamo intrappolati in una rete di legami, d’invidie, di possessi e di giochi. Usiamo queste forze non per liberarci, ma per creare altri nodi.

Non a tutti farà piacere sentire queste cose, ma la verità è che noi costruiamo la nostra vita.
Non c’è il fortunato o lo sfortunato, ma una persona che usa la propria forza per il successo e una che la usa per il fallimento!
La vita è una sola, nel senso che è un’esperienza unica, e non c’è un modo giusto o sbagliato di usare le forze interiori. Però otterremo esattamente ciò che stiamo perseguendo.

Il contatto con la realtà

Per farlo noi inventiamo situazioni assurde, dei personaggi, delle forze  (che ricordano le subpersonalità della Psicosintesi),  ci perdiamo nei giochi psicologici e creiamo attorno a noi un mondo illusorio.
Ci perdiamo nelle nostre fantasie come dei bambini in un luna park, come se la realtà dovesse spegnere le luci della giostra e rendere la nostra vita squallida.
Così facendo però ci creiamo mondi fantastici, ma pieni di paura, insicurezza e angoscia perché la realtà non perdona.

Si entra così in un giro vizioso dove una cosa ne trascina un’altra. Ci si trova persi in un mondo superficiale e traballante.
La paura di questa situazione ci impedisce di prendere contatto con la realtà e  di osservare  noi stessi.  Così fuggiamo nelle illusioni alle quali chiediamo verità che non son loro proprie.
A volte la realtà non piace, ma è solo vivendo a stretto contatto con essa che la vita ha un senso e può essere apprezzata per quello che vale.

Aurora Mazzoldi

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    6 commenti su “forze interiori”

    1. Alcune riflessioni sulle cose emerse dalle divertenti chiacchierate con amici, dalla lettura del libro di Aurora e del sito e da un avventuroso percorso di introspezione
      L’intenzione di sperimentare/provare un certo stato vibrazionale ci porta ad attivare le forze per raggiungerlo. Ma da cosa dipende la nostra intenzione di fare una determinata esperienza anche quando questa potrebbe avere dei costi molto alti? Non penso che la nostra intenzione profonda sia quella di soffrire, tuttavia ad un certo punto può accadere di “perdere la misura (o il contatto ?)” ed essere guidati in maniera sbilanciata dalle sole forze che ci allontanano dal nostro “vero” obiettivo. Ci lasciamo trascinare qua e là in questo gioco di forze che sembra così affascinante e intenso, ma, a ben vedere, è più pesante che altro…
      Cosa fare dunque? La prima resistenza che incontro è il controllo.
      Secondo me non si tratta di controllare ogni cosa che facciamo, stando ben attenti che il nostro comportamento rientri in certi schemi che noi riteniamo “sani” o “sicuri” o “che piacciono agli altri”. Il rischio è la chiusura all’esperienza e quindi alla vita. Al contrario forse si tratta di “allentare” il controllo per procedere verso qualcosa di diverso, di cui ho solo un sentore, ma sembra più vicino ad una scelta guidata da noi stessi e non tanto da obblighi esterni o interni.
      Quando si deve prendere una decisione (e ne prendiamo tantissime ogni giorno) c’è una bella differenza tra tenere in considerazione le regole esterne e gli schemi imposti dalla società come uno degli elementi da bilanciare ed essere guidati e amministrati da loro!!
      Mi sembra che il controllo serva solo a rallentare il gioco e ci da l’illusione di non essere soggetti agli schemi (mentre tutti gli altri lo sono) ma ci lascia insoddisfatti perché, di fatto, vorremmo essere liberi dagli schemi. La libertà forse comincia dalla loro accettazione….e questo ci toglie un po’ di potere ? Ascoltare dunque la rabbia che segue, la paura e l’ansia di “mollare” qualcosa a cui siamo tanto attaccati ed aprire ad una parte più intuitiva e leggera è una bella avventura!

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    2. E’ vero, come hai giustamente intuito, occorre mettere un limite all’essere gestiti dalle forze, che ci trascinano dove vogliono loro, facendoci perdere la direzione che volevamo seguire.
      Hai ragione anche a ritenere che il controllo,come viene usato normalmente, non sia la soluzione. Oppure?
      Quando pensiamo a controllare le forze, pensiamo che vadano controllate da un’altra forza (il desiderio di aver potere sulle forze), ma così non se ne esce più.
      Se, però,come hai intuito, ci mettiamo in un atteggiamento di accettazione e osservazione, permettiamo alla nostra parte intuitiva di gestire lei le forze e questo è un tipo di controllo esterno all’ego e di natura completamente diversa dal precedente.

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    3. Ed eccomi ad un bivio, una serie di strade ma nessuna voglia di intraprendere nessun viaggio. Una volta avrei preso una strada, quella che a pancia mi sembrava la migliore per me, e forse masochista come sono avrei preso la più impervia solo per volontà di mettermi in gioco il più possibile, per imparare. Ora invece attendo al bivio senza saper che fare, senza aver voglia di intraprendere nulla. Si, perché tutto il mio entusiasmo che mi ha sempre caratterizzato non c’è più. Cosa aspetto? Di svegliarmi da questo torpore? Che passi qualcosa o qualcuno che mi dia uno scossone? Sono io che debbo fare qualcosa, non posso aspettare che sia qualcosa di esterno che mi smuova. Ma al momento io aspetto …. Soffro e aspetto. Forse amo fare la vittima? No, non so proprio che fare. Il buio. Mi sto sabotando da sola ma forse perché per la prima volta nella mia vita non so che fare.

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      • Capita spesso, nella vita, di non saper che pesci prendere. Possiamo avere desideri contrastanti (uno spinge in una direzione, l’altro nella direzione opposta). O, forse, le opzioni da scegliere sono troppe. Oppure non abbiamo ancora chiarito che cosa vogliamo. O il prezzo da pagare è troppo caro…
        In tutti i casi, può essere importante saper aspettare. Gli elementi su cui basare la nostra scelta devono essere approfonditi e abbiamo bisogno di tempo e di riflessione.
        L’alternativa è quella di mettere le cose in mano al rinuciatario.. Smettiamo così di porci le domande necessarie per arrivare a una soluzione. La nostra parte vittima ci fa sentire inetti perché non la troviamo e così sprofondiamo nel gorgo dell’autodenigrazione e dell’autoincapacitamento. Occorre reagire, porsi domande e aspettare.

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        • Aspettare … Da una parte lo capisco ma dall’altra capisco che se non mi muovo almeno un po’ mi ritroverò a guardarmi indietro e vedere che è passato un sacco di tempo e non ho fatto nulla per cambiare o quanto meno provare cose nuove. Se non provo come faccio a capire se mi piace, se è veramente la mia strada. A non far nulla di sicuro non mi verrà spontaneo farmi delle domande, crearmi eventuali dubbi su ciò che cerco veramente. E poi da una parte c’è sempre la mia piccola io che ha paura di rischiare perché ha paura di riprovare le brutte sensazioni provate in passato e per le quali, dopo lunghe battaglie perse, ha deciso di cambiare tutta la sua vita. Perché va bene inseguire i propri sogni ma quando vedi che la vita ti è pesante forse è il caso di guardarti dentro e volerti più bene. Non è sentirsi vittima e tutto il mondo è cattivo ma è solamente “ci ho provato, non è andata come speravo ma ora basta mi debbo voler più bene e debbo pensare solo a me”. Troppo egoistico? Forse sì, ora debbo solo provare a cancellare la delusione ormai insita in me e ritrovare il mio ex-innato entusiasmo. È dura perché ormai non ho più voglia di mettermi in gioco e di dover far vedere agli altri che persona sono. Il tempo guarisce ogni ferita ma se non gli si dà una mano si riesce a guarire?

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          • Aspettare non significa far niente. Significa saper aspettare, mentre approfondiamo le cose, senza arrabbiarci, perché, per arrivare a un’intuizione che chiarisca le cose, ci vuole calma e tempo.
            Il volersi bene è sempre una buona scelta. Non è egoismo ma, piuttosto, altruismo verso se stessi. Chi vuol bene agli altri è in grado di voler bene anche a se stesso e viceversa.
            Se non hai più voglia di metterti in gioco, puoi osservare in te l’azione demotivante di una parte-vittima, il rinunciatario.
            Il rinunciatario trova sempre validi motivi per non agire. Occorre capire quali sono le paure che lo bloccano.

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