Il rapporto con la vita

Gli stimoli interni

Il mio rapporto con la vita non dipende solo da stimoli esterni ma anche da stimoli interni. Quali possono essere?
I miei pensieri, per esempio, magari provocati da un ricordo.
Sto pelando le patate e penso a quando, bambina, guardavo mia madre farlo per tutti noi, la sua famiglia.
Che sensazione di fiduciosa tranquillità e sicurezza sapeva infondermi!
Ma dietro a questa emozione calda e piacevole, ecco far capolino la sofferenza. Lei non c’è più e adesso sono io, sola, che pela le patate.
Questa emozione però non mi piace. Fa male. Mi mostra una realtà che io non voglio vedere.
Cosa posso fare per scappare da lì?

A che cosa serve chiudere alla sofferenza?

Chiudo alla sofferenza e fisso la mia attenzione su un altro pensiero che sollecito io, questa volta: “E’ un’ingiustizia questa situazione umana, con il tempo che passa e con il passato che non può tornare!”
Senza quasi accorgermene ho soffocato la sofferenza sotto al rancore e al rifiuto di una realtà che non accetto.
Ma se chiudo al movimento della spirale interiore, riesco a fermarla?
Ahimè no. Se mi ostino cambierò il mio rapporto con la vita. Dovrò costruire muri energetici di contenimento delle emozioni che rifiuto, sempre più spessi. Finirò col restringere il mio spazio vitale, col costringermi a vivere in un corpo rigido perché pieno di tensioni. Chiudere alla sofferenza, la fa aumentare.

Osservare il movimento della spirale interiore

Perciò sarebbe meglio non voler intervenire sul movimento della spirale interiore. Potrei invece stare a osservare  che cosa provoca dentro di me, dove va a colpire, da che cosa mi Spirale azzurra per "Come gestire la coppia" difendo e perché.
Ma basta questo per permettere all’emozione bloccata di esprimersi? Per cambiare qualcosa?
L’osservazione richiede un’attenzione aperta e curiosa che mi porti a comprendere come funzionano certi miei meccanismi interiori.

E’ proprio grazie alla mia disponibilità di aprire alla conoscenza che l’emozione bloccata può finalmente esprimersi. Col suo movimento dà il via a nuove comprensioni. Queste comprensioni cambiano, poco per volta, il mio rapporto con la vita. Se cambio questo rapporto, posso entrare in realtà diverse, che evitavo per paura o per altre emozioni.
Se accetto di vivere la sofferenza per l’assenza di mia madre e le apro la porta e la lascio arrivare a me, mi rendo conto che si porta dietro la dolcezza del suo ricordo.

Ritrovo così l’affetto che mi univa a lei e provo gratitudine per le sue cure.
Attraverso questa porta aperta recupero il contatto emotivo con lei e vivo quell’onda calda di affetto, che mi riporta indietro nel tempo e me la fa sentire vicina.

Lavorare su se stessi

Con la porta chiusa invece, avevo impedito a tutto questo di arrivare fino a me. Le cose sono un po’ diverse per quanto riguarda l’esterno.
Non posso certo obbligare mio figlio a essere gentile con me!
Sulla realtà esterna, se piove quando io voglio il sole e se gli altri non si comportano come piacerebbe a me, non posso intervenire.

Posso sempre provarci. Scappando da quella realtà e andando a naufragare in una fantasticheria che dipingo con i colori che decido io. Però, in questo modo, la realtà non cambia. Posso anche cercare d’impormi sugli altri. In questo caso mi scontrerò con le loro difese e, comunque, capirò presto che ognuno si comporta come gli pare.
E allora?
Non si può manipolare l’esterno, ma si può lavorare su se stessi.

Se cambia il dentro cambia anche il fuori

Se cambia qualcosa dentro di me, si modifica anche la realtà esterna.
Se avessi accettato di vivere la delusione per aver dovuto rinunciare alla passeggiata e non l’avessi coperta con l’incazzatura, probabilmente non avrei aggredito mio figlio.
Anche fosse, alla sua reazione io avrei ascoltato e accettato il mio senso di colpa, che mi avvertiva che era rabbia che gli scaricavo addosso e che parlava al posto mio.
Avrei potuto scusarmi con lui.
La realtà esterna, l’atmosfera in casa, il nostro rapporto sarebbero allora cambiati, o no?

Aurora Mazzoldi

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