Domande Introspettive

Domande introspettive per arrivare ad accogliere se stessi

(Tempo di lettura: 3min 47sec)

Punto interrogativo per domande introspettive (per capire come accogliere se stessi)
Domande introspettive è una pagina di questo sito che è stata concepita per dare delle risposte mirate.

Sia quello che scriviamo che le nostre iniziative servono per arrivare a conoscere sé stessi. Le risposte a questi problemi aiutano ad accogliere se stessi. Sappiamo che non trattiamo un argomento facile. Sappiamo anche che il lettore incontrerà a volte delle difficoltà a comprendere dei concetti espressi in questo sito. Sono dei concetti che spesso contrastano con degli schemi mentali e con delle resistenze a osservare che cosa succede dentro di noi. È anche difficile andare a cercare delle parti che non vogliamo vedere, perché le giudichiamo brutte, sporche e cattive.

Esperienze introspettive

Però è molto importante accoglierle e permetterci di essere noi stessi, di esprimere le nostre difficoltà e di raccontare i nostri problemi.

Cerchiamo, con i nostri scritti, di dar voce a quelle nostre parti interne che non accettiamo. Miglioreremo volentieri tutto quello che, nelle nostre pagine, non sarà facile da capire. Per appianare però le difficoltà a capire le nostre spiegazioni, occorre, a volte, la vostra partecipazione. Se ci farete sapere quali argomenti non sono abbastanza chiari, potremo migliorare le cose. Questa sezione del sito, dedicata alle vostre domande introspettive, è il mezzo a vostra disposizione per permetterci di venirvi incontro.

In fondo a questa pagina c’è un modulo. Su questo modulo puoi scrivere i tuoi suggerimenti e commenti relativi ad  argomenti di Arte, Psicologia, Ricerca o Economia Introspettive. Puoi fare domande su argomenti generali o specifici di qualsiasi delle pagine da noi pubblicate. Puoi anche mandarci un tuo scritto su esperienze introspettive che hai avuto e che possono essere interessanti per i nostri lettori. Se lo riterremo adatto al nostro sito, lo pubblicheremo volentieri.

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16 commenti su “Domande Introspettive”

  1. L’elemento maschile nei quadri
    A seguito della visita della tua mostra a palazzo Thun nella quale ho potuto vedere la quantità delle tue opere (non immaginavo ne avessi così tante!) mi è risultato chiaro che nei tuoi quadri c’è una auto-rappresentazione; i soggetti infatti sono tutti femminili o comunque riconducibili a figure femminili o con tratti femminili (i bambini presenti hanno fattezze femminili ) … da cui ne deduco che la tua espressione artistica non comtempla l’elemento maschile. L’elemento maschile è troppo banale? Non lancia alcun messaggio? oppure riveste un ruolo per così dire solo “storico mitologico” e quindi estraneo all’arte introspettiva? Riconosco che l’elemento maschile non ha appeal nemmeno se si tratta di elemento simbolico! Di solito non è un buon testimonial per nessun carattere sentimentale o emotivo!
    E’ vero ad esempio che mentre un nudo femminile riempie il quadro e ha una valenza notevole sia in termini di pittura realistico-descrittiva che simbolica, quello maschile sembra dire poco, essere insignificante. O si tratta di un’opinione che risente dell’approccio tradizionale all’arte?

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  2. Ciao Flamar, il tuo commento mi porta a riconsiderare l’eterno e illusorio divario tra maschi e femmine: sembra che ognuno dei due proceda sulla propria, solitaria strada fatta di sentimenti, idee, opinioni etc, etc che l’altro non sa capire.
    Questo ha fatto scrivere fiumi di parole “lui è così – lei è così” ma non si arriva mai al dunque.
    L’uomo, vestito o nudo che sia, è antiestetico, volgare, insignificante?
    La donna è sempre un’opera d’arte? E questo spiegherebbe la quasi nulla presenza maschile nei miei quadri? No.
    Premesso che il nudo non idealizzato, sia femminile che maschile, può apparire bello o brutto, sexy o volgare etc sia per come l’artista lo raffigura (e si rifarà necessariamente a un suo schema interiore), sia per i filtri (moralità, castrazione, complessi, senso di vergogna o di colpa, tabù…) di chi lo guarda.
    Ma torniamo ai miei quadri.
    L’arte introspettiva, lo ripeto, non rappresenta persone-che-fanno-qualcosa ma quello che si muove dentro di noi, l’intenzione che ha provocato il comportamento che io rappresento e che diventa, in tal modo, un’allegoria.
    A quel livello profondo non esiste differenza alcuna tra uomo o donna: entrambi organizzano la loro vita in funzione di un qualche “effetto” che vogliono ottenere.
    Solo il modo di proporre il gioco può essere diverso perchè i vantaggi perseguiti sono diversi e vengono adottate le strategie ottimali per i differenti ruoli.
    Dipingo più donne che uomini solo perchè sono donna e capisco meglio come gioca la mia “squadra”, ma se tu fossi stato un attento osservatore avresti sentita, forte, nei miei quadri, la presenza dell’uomo quale forza motivante, perchè la donna gioca per lui, grazie a lui, con lui….

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  3. Questioni terminologiche o sostanziali? INTROSPEZIONE o RETROSPEZIONE?
    Il pensiero di K.E. Weick può essere considerato come l’espressione più forte del soggettivismo, in quanto afferma che il mondo esterno non possiede un significato in sé, ma solo quello che ciascuno di noi gli attribuisce, in base ai processi di creazione di senso che attiva. L’oggetto di studio principale dell’autore sono quindi i processi cognitivi attraverso i quali gli individui attribuiscono un senso (in inglese sensemaking appunto) al flusso disordinato e informe delle loro esperienze e organizzano così la realtà. Ecco perché per Weick creare senso e organizzare sono essenzialmente la stessa cosa, le due facce della stessa medaglia

    Ciò che mi ha colpito di Weick è che usa il termine Retrospezione al posto di Introspezione . E’ la prospettiva che ne deriva che mi sembra + immediata!
    “Noi” ci guardiamo dentro perché riconosciamo di avere una Maschera e cioè che ciò che siamo realmente è nascosto al Mondo e sta in qc parte immersa in noi (in senso anche corporale voglio dire …perché quando io penso a introspezione penso a qc che sta nella “pancia” o “nel cervello” cioè tutte parti di noi inaccessibili agli Altri). Noi per rappresentarci il Mondo siamo soliti “ascoltare ciò che sentiamo ” dentro di Noi. Ma in realtà dentro di Noi c’è solo il nostro Passato! Non c’è depositata alcuna verità o certezza! Quindi noi guardiamo Indietro (siamo frutto della retro-spettiva). Siamo incapaci di derivare ciò che sentiamo per assimilazione dal Futuro. Il Futuro può essere solo Immaginato e questo processo viene fatto ri-elaborando il Passato (con il “gioco” libero del nostro Io che compone e scompone il suo vissuto)
    E perciò la nostra Esistenza è continuamente sospesa tra un Passato che ci dice ciò che “sentiamo” e la sua rielaborazione proiettata nel Futuro che ci genera l’attesa di una nuova conquista o di una rinnovata conferma di ciò che “è stato” e per tale meccanismo viviamo i nostri Giorni fino alla FINE.

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    • Non mi è stato facile mettere per iscritto il mio sentire,che scaturisce da sguardi ed esperienze interiori, accanto al pensiero di Weick.
      Ma se è vero che ogni parere è lecito, ci provo.
      Il soggettivismo è ciò che per alcuni fa della vita un paradiso e, per altri, un inferno.
      E’ vero, la realtà è una, ma ognuno la interpreta a modo suo.
      Qui io discordo un poco sul termine “esperienza” che per me è tale solo quando la persona ha vissuto in modo consapevole un accadimento e ne ha tratto un insegnamento.
      In quel caso il vissuto non è più disordinato e informe: loè invece quando si vive senza capire, spinti solo dall’abitudine o da esempi o veti e insegnamenti introiettati pedissequamente.
      Per me “organizzare” è un processo mentale-meccanico che fa capo all’esigenza di vivere al passo con gli altri, mentre “creare senso” è un passettino in più perché prevede la volontà di capire per ottenere risultati migliori e più consapevoli, cioè tenendo conto della realtà vera e non soggettiva.
      Teoricamente un filo li separa, ma è pur sempre la differenza tra meccanicità e scelta.

      Introspezione è retrospezione? Sì e no.
      Noi ci guardiamo dentro perché riconosciamo di avere una maschera?
      Io direi che solo guardandoci dentro riconosciamo di avere una maschera e, attraverso l’intro-osservazione possiamo vederla e conoscere le motivazioni che ce l’hanno fatta adottare.
      Dentro di noi sta tutto il nostro passato, che ha fatto di noi quello che siamo nel presente e che, molto probabilmente – se non diventiamo consapevoli – scriverà il nostro futuro.
      Il futuro può essere solo sognato o immaginato (non fantasticato) ed è così che lo creiamo: con la fiducia e la determinazione.

      Durante l’introspezione possiamo proiettare il nostro passato/presente nel futuro (avanspezione??)e osservarne gli effetti e, se vogliamo, cambiarlo grazie alla consapevolezza degli errori.

      Tra il robot considerato da Weick e la persona protagonista e perciò fautrice del proprio destino, sta l’elemento chiave (da te trascurato)che è la conoscenza non attraverso la mente ( accumulo e selezione ripetitivadi fatti ed eventi vissuti e contemporanei) e non attraverso il ventre (istinti e pulsioni di sopravvivenza) ma ciò che le unisce e coordina e armonizza:il cuore.

      Senza l’esperienza consapevole del nostro vissuto, cioè senza aver capito quale desiderio ci ha spinto ad agire in un dato modo, cosa volevamo ottenere, quali forze abbiamo messo in atto per averlo e le conseguenze provocate, si può tornare al passato quanto si vuole, ma non sarà che un rimuginare sterile che non porterà a nulla.
      Che per la maggior parte delle persone sia così non basta per affermare che “è così”.

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